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E' un approfondimento socio grammaticale sul quale ognuno non ha affatto la libertà di espressione, perchè andrebbe contro l'intera lingua italiana istituzionale. La saldezza grammaticale è tutto ciò che ci rimane (forse) e la vogliamo difendere.
I cosiddetti nomi di genere comune (o epiceni) hanno un’unica forma per il maschile e il femminile; il genere dunque è ricostruibile solo dall’eventuale presenza dell’articolo o di un aggettivo:
un insegnante / un’insegnante, il giornalista / la giornalista, il giudice / la giudice e faccio notare che finiscono per A ed E.
Invece il FEMMINILE DEI NOMI DI PROFESSIONE si forma attraverso la desinenza -a, come avviene comunemente per i sostantivi:
il maestro; la maestra
il cuoco; la cuoca
il sarto; la sarta
l’infermiere; l’infermiera
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il cantante; la cantante
il regista; la regista
il farmacista; la farmacista
E poi arriva il bello: Altri nomi, invece, formano il femminile aggiungendo il suffisso -essa al nome maschile
dottore; dottoressa
presidente; presidentessa (la presidente come epiceno)
vigile; vigilessa
Il suffisso -essa, in particolare, è quello che più di
tutti può assumere tali connotazioni e che nella linguacomune, è il meno
utilizzato nella formazione del femminile:
filosofessa, meglio filosofa
generalessa, meglio la generale
giudicessa, meglio la giudice
avvocatessa, meglio avvocata;
Perchè sono usati come ironici o addirittura dispregiativi: esempio È una avvocatessa da quattro soldi
La maggior parte dei nomi che al maschile singolare terminano in -tore formano il plurale in -trice
pittore; pittrice
scrittore; scrittrice
senatore; senatrice
In alcuni casi, si può aggiungere al maschile il determinante donna
la donna poliziotto (anche, più comune, poliziotta)
la donna magistrato (anche, meno comune, magistrata).
Storia del femminile e problemi irrisolti
Negli ultimi decenni, il mutare delle condizioni sociali femminili, che ha portato all’affermazione delle donne in molte professioni e cariche che prima erano loro precluse, ha avuto ripercussioni sui nomi delle professioni. Basti pensare ai nomi legati all’esercito e alle forze dell’ordine, istituzioni alle quali le donne hanno avuto accesso solo in tempi relativamente recenti: non è ben chiaro quale sia il femminile corretto e politicamente corretto di soldato, di generale, colonello, maresciallo, tenente, sergente. Poi ci sono anche hackers, calciatori, arbitri e via dicendo, però non abbiamo dubbi sui guardialinee.
In questi e molti altri casi le soluzioni sono ancora aperte e nella scelta si scontrano sensibilità diverse, al punto che non è facile prevedere quale sarà la versione che prevarrà nell’uso. Basti pensare a come molte soluzioni proposte molti anni addietro dai gruppi femministi appaiano oggi più anacronistiche rispetto alla tradizione (come dottora e professora al posto di dottoressa