venerdì 2 marzo 2018

Onore, dolore, squilibrio ed effetti collaterali

Non siamo mai abbastanza preparati ad affrontare gravi problemi. E' vero che ci sono persone che sanno affrontare meglio le enormi difficoltà ma nessuno è immune dallo stress. Meglio sarebbe dire che tutti possono affrontare un problema gravissimo come il debito pubblico italiano, molti possono affrontare i problemi di una multinazionale, ma se gli stessi ad un certo punto si trovassero in casa dei criminali oppure si trovassero in pericolo della loro vita, quale sarebbe la risposta allo stress? Questi grandi "generali", al comando di tante persone come affronterebbero un forte stress o meglio un pericolo che li coinvolge direttamente? Sono, sarebbero così stupidi e faziosi da credere di affrontare tutto allo stesso modo, con sagace presunzione e pieno controllo delle loro possibilità ma anche con un atto di fede incrollabile? 
Sono argomenti difficili e tristi ma nessuno è sempre baldanzoso e nemmeno lo vorrebbe.

Tutti dobbiamo sopportare! Se non sei un rude, forte, inflessibile (ed anche rozzo e stupido) cowboy, una volta che la persona umana sia riuscita ad entrare in contatto con la sua anima ed abbia sperimentato il valore dei sentimenti, arriva prima o poi a cercare le vie di difesa da oppressione, intimidazione, squalifica, demotivazione.

L'oppressione nasce sempre attraverso un pretesto: una forma, un decoro, uno status. L'oppressione è esercitata nel rapporto a due, dove il contesto funziona sempre da pretesto, o da causa, per giustificare il significato dell'oppressione. In questo senso l'oppressore trasforma l'amore in un'arma e non cede di fronte alla realtà del suo agire negativo perché "lo fa per il bene dell'altro". Nell'oppressore c'è una sorta di voluta ottusità che gli impedisce di vedere l'effetto autentico della sua azione, nell'oppresso c'è la compiacente remissione ai voleri dell'oppressore, da cui l'oppresso ricava l'unica definizione possibile di sé.

Le strade per la libertà passano attraverso il riconoscimento della propria debolezza, nel non esistere più in funzione di quel solo rapporto, spezzandone così il ritmo ed accettando la separazione e la solitudine affettiva conseguente.

All’interno di un attaccamento sicuro, è stato ipotizzato, che la comunicazione affettiva possa portare a risultati positivi nella costruzione di emozioni “regolate”. In un attaccamento insicuro, al contrario vi è difficoltà nell’elaborazione delle emozioni e si possono sviluppare diverse carenze nell’integrare i processi cognitivi con l’affettività. Per l’apprendimento di uno stile di attaccamento sicuro, base di ogni relazione positiva nel corso della vita è fondamentale l’esperienza di condivisione degli affetti e reciproca disponibilità emotiva. Reciproca significa soprattutto equilibrata e non esclusivamente concentrata su sé stessi.

Secondo i teorici dell’attaccamento, bisogna aspettarsi che le rappresentazioni difettose del sé costruite dai soggetti nel corso dell’infanzia, così anche i loro deficit di regolazione affettiva, abbiano una grossa influenza sul tipo di relazioni interpersonali che essi stabiliscono nella vita adulta.

Tutto questo non è per nulla chiaro ma sicuramente è molto triste e per questo non pretendiamo di approfondire oltre.










Nessun commento:

Posta un commento