mercoledì 4 novembre 2015

In alto i calici: Arriva il Novello

Produzione in calo ma si spera che proprio per questo migliori la qualità. Sembra che saranno appena 2 milioni le bottiglie italiane di vino Novello che debutteranno nel mercato. Il trend sarebbe estremamente negativo se si considera che appena dieci anni fa, nel 2005, se ne producevano 18 milioni, ma la quantità, specie in fatto di produzione vinicola italiana, non è tutto, anzi nel belpaese spesso sono le nicchie che ci riservano grandi e gradite sorprese.
Il dato emerge alla vigilia del "debouchage" ovvero la stappatura, stabilito con decreto del ministero delle Politiche agricole, che anticipa, come di consueto, la vendita rispetto al concorrente Beaujolais Nouveau francese, che si potrà assaggiare solo a partire dal 19 novembre. Leggero, con bassa gradazione e bouquet aromatico, il Novello, introdotto in Italia nel 1987, sconta vari handicap, dal prezzo medio elevato, alla tecnologia di produzione, piu' costosa che impone il consumo entro un massimo di 4 / 5 mesi.

Il vino Novello è un vino realizzato grazie una tecnica vinificatrice molto specifica che si basa sulla macerazione carbonica delle uve non pigiate. Nella vinificazione comune, infatti, le uve vengono pigiate, mentre nel caso del vino Novello l'uva viene fatta fermentare senza pigiatura degli acini di uva, trasformando così meno zuccheri della frutta in alcol cosa che terrà basso il valore alcolico del vino che ne verrà prodotto, conferendogli il classico gusto fruttato e amabile classico del vino novello. Il Beaujolais Nouveau ha regole molto più restrittive nella produzione al contrario dell'Italia (come al solito) poiché per essere riconosciuto tale deve avere il 100% di vino prodotto secondo la fermentazione carbonica

lunedì 2 novembre 2015

Poca attenzione alla classe energetica



Sensibilità e Risparmio: Sono parole che dovrebbero da tempo aver fatto breccia nel mercato immobiliare. Concetti concreti per una casa come ecosostenibilità o rispetto ambientale, ma soprattutto un concetto semplice come il risparmio, che è positivo per tutti, invece sono ancora marginali nella richiesta dei potenziali clienti. Scopriamo purtroppo che la classe energetica conta ancora poco quando è il momento di scegliere quale casa acquistare, specialmente se non è una nuova costruzione. Solo 6 annunci su 10 riportano la classe di appartenza dell'immobile proposto.

Ancora oggi i fattori che influenzano significativamente la decisione di acquisto sono:
1) la zona in cui si trova l’immobile,
2) il prezzo 
3) la presenza o meno di un box o di un posto auto.

Pochi gli annunci certificati, nonostante l’obbligo di certificare l’immobile in caso di vendita o locazione con relativa “pubblicità” negli annunci, nelle città, le inserzioni riportano la classe energetica rappresentano solo nel 57% dei casi, mentre per gli immobili in affitto la percentuale di annunci che riporta la presenza di certificazione energetica scende addirittura al 34% del totale.

Dal 1° ottobre di quest'anno sono entrati in vigore i nuovi decreti del ministero dello Sviluppo economico che completano il quadro normativo in materia di prestazioni energetiche degli edifici. Il nuovo Apa sarà uguale per tutto il territorio nazionale e offrirà al cittadino, alle amministrazioni e agli operatori maggiori informazioni riguardo all'efficienza degli edifici e degli impianti, consentendo un più facile confronto della qualità energetica di unità immobiliari differenti. Lo scopo dovrebbe essere appunto quello di orientare il mercato verso strutture con migliore qualità energetica.

mercoledì 28 ottobre 2015

Raccontare una storia per fare quattrini


New age economica, ovvero alla riscoperta di una dimensione umana per gli affari: "Restate piccoli, fate grandi prodotti". Dopo lo scoppio della crisi nel 2008, e il fallimento delle prime banche, la teoria del "too big to fail" andava per la maggiore. Troppo grande per fallire declamava vigorosamente chi sosteneva la necessità di imprese ben strutturate, al riparo da fallimenti.
Quest'espressione dal significato intuitivo, enuncia un principio per cui l’autorità monetaria non consentirebbe di cadere in stato di insolvenza (e di fallire) a una banca o ad altro intermediario finanziario di dimensioni tali da generare potenziali effetti sistemici negativi. Fino ad un certo punto sarà stato anche vero, perchè comunque ci sono stati casi di crolli clamorosi e disastrosi.

La ricetta del guru
Philip Kotler, autore di Marketing Management (20 milioni di copie, 14 edizioni) ha tracciato "Il futuro del sistema Italia". La sua ricetta per sviluppare un’idea di successo nel nostro Paese e quella di continuare a produrre ciò che il mondo apprezza dell’Italia: Moda, lusso, cibo e business su piccola scala. L’Italia ha una leadership in questi settori, pertanto dovrà privilegiare le sue eccellenze. 
Il sistema Italia può tornare protagonista senza esprimere una leadership mondiale nell’hi-tech, bisognerebbe rendere virtuosa la dimensione piuccola delle aziende, che potrebbe fare un lavoro migliore ed essere agile, senza il freno di molte grandi fabbriche e vincoli.
La chiave non è la dimensione dell’azienda, è importante assicurarsi di essere conosciuti laddove ci sono popolazioni numerose, che hanno i soldi per comprare i prodotti italiani, applicando una teoria chiamata Hidden Champions Companies, secondo la quale devi essere la migliore azienda, per una specifica classe di prodotti, che abbia un gruppo di compratori da qualche parte. La piccola azienda italiana deve trovare una nicchia di mercato e presidiarla.

Raccontare una storia, per fare questo bisogna avere un buon uomo marketing, esperto di storytelling. Tutte le aziende hanno una storia, ma ci sono molti modi per raccontarla. Un buon prodotto, per un target di clienti ben definito, che sappia attrarre finanziamenti, attraverso un racconto d’appeal anche per i media. Nella realtà di oggi vediamo che l'incapacità di farsi conoscere, promuoversi, raccontarsi, la piccolezza intellettuale che non mette in gioco sinergie e collaborazioni tra aziende, è il primo limite per la rivincita del made in Italy.


martedì 20 ottobre 2015

Errati "chissenefrega" e loro ti fregano

Cresce l'uso del digitale e dell'informatica, le minacce crescono, ma gli utenti le prendono sotto gamba. Si sottovalutano i rischi perché non si  conoscono e sono disattenti, ignoranza e superficialità sono un binomio inscidibile, questo comportamento non è affatto furbo e può portare problemi.. Kaspersky Lab, dopo aver misurato lo stato della sicurezza in rete, avverte che il 74% dei cyber navigatori è pronto a scaricare un file pericoloso sul proprio dispositivo per assenza di e-skills, dal momento che non ha le competenze che servono per riconoscere i pericoli online.
Dalla ricerca svolta da Kaspersky Lab e B2B International, risulta che il 45% dei cybernauti ha incontrato un malware negli ultimi 12 mesi: ed il 13% di questi ignoravano di  essere stati infettati.

Il test, condotto su un campione di 18.000 utenti Internet, ha saggiato la capacità degli utenti nel rilevare le minacce online: ma alla richiesta di scaricare la canzone “Yesterday” dei Beatles, solo un utente su quattro (26%) ha risposto correttamente: Beatles.Yesterday.wma. Nonostante il refuso nel nome, il file audio è segnato correttamente. Il 34% degli intervistati ha invece scelto il pericoloso file .exe. Il 14% degli intervistati avrebbe effettuato il download di uno screensaver (.scr) e il 26% avrebbe scaricato uno zip: in entrambi i casi, il pericolo sarebbe stato dietro l’angolo.


Solo il 24% degli utenti è in grado di riconoscere una pagina web autentica evitando di cadere nel phishing. Oltre metà degli intervistati (il 58%) ha segnalato siti fasulli per inserire i propri dati. Del resto, un utente su cinque (21%) scarica file da siti di varia natura.
Dall’indagine emerge anche che gli utenti pur esprimendo preoccupazione verso le minacce informatiche, archiviano sempre più informazioni personali sui propri dispositivi, e tuttavia sono disattenti.

Sale dal 30% al 31% la percentuale è disposto a inserire informazioni personali o finanziarie all’interno di siti dei quali non hanno piena fiducia, mentre il numero di utenti convinti di non essere un target per un attacco informatico passa dal 40% al 46% e la domanda finale sarebbe "MA PERCHE LO CREDETE?"