sabato 10 ottobre 2015

Upwork: talenti al lavoro


Che tipo di lavoro posso fare? Tutto ciò che può essere fatto su un computer, da web, programmazione, a mobile graphic design, può essere fatto su Upwork.
Freelance esperti possono affrontare una serie di progetti dal grande al piccolo, in squadra o individuale. Sia che abbiate bisogno di uno scrittore per mettere fuori un post di 500 parole o di una squadra a tutti gli effetti lo sviluppo di software per sostenere il vostro business, liberi professionisti esperti sono in grado di rispondere alle rischieste.

Ma come diventare il libero professionista freelance che lavora con le aziende?
Iniziare scrivendo un curriculum di lavoro chiaro e conciso ed una lettera di presentazione.
Tutto ciò che serve per iniziare è un computer, connessione a Internet e sorprendente abilità. Il passo successivo è la creazione di un profilo libero professionista per mostrare qualità, esperienza e quale business. Pensare a come presentarsi è parte del lavoro richiesto, mettere in evidenza le competenze professionali, l'esperienza, le realizzazioni, in modo propositivo è determinate in un mondo aziendale diffidente e difficile. I migliori profili sono completi e ben scritti.
UPWORK è il colosso indiscusso tra le “freelance platform” mondiali. Nata dalla fusione tra due dei maggiori protagonisti del mercato, sfoggia numeri davvero impressionanti: 10 milioni di persone che lavorano per 4 milioni di clienti registrati, guadagnando oltre un miliardo di dollari. Upwork è una piattaforma “generalista”, ossia rivolta un po' a tutti: dai creativi ai programmatori, dai contabili ai web designer, dai copywriter agli esperti di marketing. Famosa per la sua grande flessibilità e rapidità di risposta ai clienti, che possono trovare in fretta sia singoli professionisti che interi gruppi di lavoro, è un'opportunità che può sviluppare lavoro ed affari anche in Italia, dove vi è bisogno di tutto il nuovo ed anche di questo per rilanciare aziende ed economia.



 


lunedì 5 ottobre 2015

Dibattito poetico, eretico, non didattico


 Fortunatamente, oggi, esiste una domanda di arte che è importante, ovvero sembra più diffusa ed apprezzata rispetto ad altri periodi. Più libri da leggere, più pittori moderni, architetti che costruiscono con attenzione artistica, più musica di ogni tipo e genere, scultori che osano ed usano materiali nuovi. In questo panorama discutibile ma indiscutibilmente vivace, la poesia invece arranca, ci pare in crisi e non si trova niente di moderno e buono nemmeno sui post di facebook.

Roman Jacobson, che non sarebbe un qualunque, individuò nella lingua varie funzioni: emotiva (esprime stati d’animo, emozioni), referenziale (informa), persuasiva” (convince, esorta, comanda), di contatto (stabilisce un contatto con l’interlocutore), metalinguistica (riflette sulla lingua stessa come fa, ad esempio una grammatica). Poi vi è una funzione poetica che ha lo scopo di porre l’accento sul messaggio in quanto tale, ovvero sulla lingua stessa e sulle sue caratteristiche formali. Le parole hanno valore non tanto per il contenuto che esprimono, ma essenzialmente per l’armonia, il suono che generano quando s’incontrano, dopo essere state scelte e avvicinate dall’autore. Ciò ovviamente non significa che i testi poetici siano privi di contenuti; vuol dire semplicemente che nella comunicazione poetica, la forma è importante almeno quanto il contenuto.

Altri dicono che la poesia, dal greco “creazione”, è un componimento in cui le parole, unite al suono e al ritmo da esse derivanti, servono a trasmettere un messaggio, ma la verità PIU' PROFONDA ED ARTISTICA DELLA POESIA è che essa spiega un concetto talmente personale che è impossibile cingerla dentro schemi descrittivi. La poesia diventa uno strumento col quale dar sfogo alle sue emozioni, ai suoi sentimenti, alle sue paure più nascoste, è voglia di esprimere se stessi in toto. Molte volte si buttan giù versi senza capirne il senso, ma il “senso” è un qualcosa che appartiene alla sfera razionale, e ci sono cose che non possono essere razionalizzate. Esistono meccanismi che nascono da pulsioni e non da concetti logici, meccanismi che è impossibile gestire.
In un mitico film con Robin Williams, l'attimo fuggente, la sfida tra libertà e significato armonico viene vinta dalla libertà, e tutti si sono convinti che debba essere così, ma in verità la sfida era tra la libertà e la metrica ingessata ed ingessante. 
Per metrica s'intende l'insieme delle leggi che governano la composizione e la struttura dei versi. Non dobbiamo pensare che la metrica, sia qualcosa di completamente artificioso. Difatti un certo ritmo che è alla base di un determinato verso (ad es. l'endecasillabo, il più usato nell'italiano: “Divina Commedia”, poemi epico-cavallereschi, i sonetti di Petrarca, “L'Infinito” di Leopardi, ecc.) è qualcosa di connaturato nella lingua, ma quando questa diventa un bavaglio, o semplicemente un esercizio, uno sfoggio di presunzione linguistica allora perde tutto il suo pathos artistico. 
 
Viva la libertà, ma non quella libertà, sopra riportata, che spesso è sintomo nonchè sfoggio di grande ignoranza ed incapacità. Quando si dice che si scrivono versi presi dall'emozione senza capirne il senso, si degrada l'arte che deve comunque arrivare a qualcuno, stimolando qualcosa.
Parole che non vengono capite nemmeno da chi le scrive perchè preda di pulsione, non sono nulla, altrimenti ogni smile ed icona che vengono scritte diventano poesia. Non è nemmeno poesia anarchica quando chiunque può declamare "Ti vedo nel buio, ti vedo nel sole, sei con me in ogni cosa che faccio": Nessuno vede nel buio, nessuno fissa con passione il sole (altrimenti è scemo) e lasciami fuori almeno quando vai in bagno, ti sturi il naso e via dicendo.

Non ci vogliono schemi rigidi ma servono due concetti o due termini della linguistica: significante e significato. Significante (l'"immagine acustica": ritmo, musicalità, metrica). Significato (il concetto che il significante esprime).

I grandi poeti del secondo Novecento, da Ungaretti a Fortini, da Zanzotto a Luzi, Pasolini, Sereni sono stati tutti, sia pur in modi diversi, critici letterari, docenti universitari, collaboratori di quotidiani, recensori, consulenti editoriali: il loro essere poeti era strettamente collegato al riconoscimento pubblico di cui godevano (anche) in quanto critici. Si facevano capire e lo facevano molto bene.
Negli ultimi trent’anni le cose sono cambiate: il mestiere del poeta e quello del critico hanno subito una divaricazione tale da farli percepire come inconciliabili, addirittura ostili l’un l’altro; con il conseguente rischio della marginalizzazione e della incomprensione di entrambi.
Il poeta stesso sembra convinto di non poter più esercitare la sua presa di possesso sul mondo. La tendenza privatistica ed emozionale da un lato e quella celebrale, da laboratorio di scrittura dall’altro, hanno cannibalizzato lo spazio poetico ed espulso la competenza critica verso la mansione meno ingombrante del recensore, dell’esperto, del tecnico. 

Se e finchè ogni singolo essere umano si riterrà un poeta, perchè capace di scrivere più di dodici parole in fila, allora la poesia sarà pianto, pietà, disastro e talmente intimistica che verrà capita solo da chi soffre la stessa patologia, e proprio per questo continuerà a perdere di senso e consenso fino a sparire, soffocata da una valanga ignorante di faccine ridenti quanto insulse. 
(poetico: la valanga è ignorante perchè spazza via tutto quello che trova sul suo cammino)

giovedì 1 ottobre 2015

Women Power: i talenti delle donne




Ogni tanto buone notizie, in questo caso si annuncia che in Italia le imprese femminili rappresentano quasi il 22% delle imprese totale e la loro diffusione risulta relativamente maggiore nelle regioni a più elevata disoccupazione femminile. Sembra pertanto che le donne siano in grado di rispondere ai problemi occupazionali con spirito di iniziativa.
Uno studio di Banca Popolare di Milano ha analizzato il fenomeno delle imprese al femminile evidenziandone la vivacità e l'importanza per l'intera economia nazionale.
La conclusione del rapporto è che l’imprenditoria femminile si presenta come un segmento in fase di espansione con evidenti opportunità sia per le banche che per l’economia nel suo complesso. Non solo: si delinea un quadro molto rassicurante e incoraggiante in cui una gestione del credito più prudente, la più evidente possibilità di realizzare uno sviluppo economico inclusivo e sostenibile e, elemento molto significativo, il contributo che potrà essere dato dalle donne straniere per la creazione di una cultura dell’integrazione attraverso l’iniziativa imprenditoriale fanno dello studio uno strumento prezioso per valorizzare una originale gestione dell’impresa.
Le donne in molti casi lavorano meglio, sono più attente, non mancano certo di eleganza creativa rispetto ai loro colleghi ed ora intraprendono con successo. Non basta ancora, il mondo delle libere professioni, vede figure di primo piano femminili, avvocati, medici, consulenti, sono realtà al femminile di tutto rispetto e spesso non hanno paura a competere con colleghi maschi, che invece hanno più paura di competere con le donne. Lo sviluppo del sistema Italia, passa attraverso queste energie, queste competenze, questo dinamismo equilibrato tra tradizione ed innovazione.
I dati ci confermano questo, a dispetto delle varie commissioni economiche di pari opportunità che invece in questi anni hanno fatto molto poco anche se hanno detto molte cose.

Rimane, a nostro parere, un grosso buco femminile nella politica del paese, anche se per dirla tutta non è che i maschi stiano brillando. La gerontocrazia da un lato che si contrappone al giuvenilismo dell'altro, in realtà dimostra che tutti hanno le stesse pochissime idee ma un sacco di slogan, poca credibilità ma una presunzione stratosferica, una dialettica che è molto bassa ma che non è nemmeno popolare. Le protagoniste attuali non stanno portando grandi novità a questo quadro piuttosto stantio, ma auspichiamo in un futuro migliore, anche se non arriva in Italia una novella Angela Merkel.



sabato 26 settembre 2015

Quando finisce un amore


Ci sono cose sempre molto difficili da capire. In questa brevissima consulenza sentimentale si afferma che la fine di una relazione è una fase delicata ma necessaria per poter ricominciare. Giustissimo ma viene trascurato un piccolo particolare, chi ha messo fine e chi ha subito la fine. Allora se qualcuno/a è scappata con un altro/a non ci vediamo una fase molto delicata, chi è rimasto solo/a ci pare molto più delicatamente sensibile. 

Una premessa, stiamo parlando di chi ha subito la fine oppure di quei casi in cui si spegne tutto talmente lentamente che ad un certo punto uno/una abbandona e rompe la consuetudine. Se il motivo della rottura è perchè ha finalmente alternative migliori, a noi non ci riguarda. 
Quando un amore finisce bisogna darsi il tempo necessario per elaborare la cosa. L’errore è cercare subito la distrazione senza dare spazio al dolore, occorre una rielaborazione fisiologica. La prima fase della separazione porta con sé chiusura e depressione, non ci si deve spaventare ma cercare di vivere fino in fondo, con i propri tempi, questo momento delicato e difficile. La fine di una relazione durata anni è un po’ come un lutto, è un’interruzione della fase della vita, si interrompe un progetto di vita insieme e ciò che ne consegue è un senso di smarrimento, di vuoto, di instabilità. Questo può portare con sé anche una relativa perdita di identità e colpevolizzazione.
È caratteristica delle donne analizzare le situazioni, fare autoanalisi, vivere la fine di una relazione come un fallimento. La donna tende a colpevolizzarsi, e spesso questa fase è vissuta con una scarsa autostima di sé. Gli uomini invece cercano la distrazione, la compagnia degli amici, nuove avventure senza grossi coinvolgimenti. Anche se, a questo riguardo, va detto che i ruoli si stanno equiparando, i ragazzi di oggi sono più sensibili alle problematiche legate ai sentimenti, ma spesso anche no.
Se il momento di chiusura e di depressione non passa e anzi altera la vita quotidiana, impedendo il normale svolgimento degli impegni lavorativi e sociali, allora ci si deve fermare un attimo e rivolgersi a un professionista. Non bisogna avere paura di chiedere aiuto ad amici, parenti, anche se si ricevono consigli non sempre appropriati. C’è chi ha più bisogno di essere ascoltato, chi di uscire, l’importante è che lo sappiano e non ci lascino soli.

Il punto di partenza ricominciare da se stessi. Trovare nuovi stimoli, dedicarsi a interessi che si erano accantonati per la vita di coppia, affrontare nuove sfide. Reinventarsi, ma per se stessi, non per il partner. Passata la fase più difficile, si ricomincia a guardarsi in giro e si cerca di distrarsi, Si  consiglia di farlo con l’aiuto degli amici e di conoscenze nuove, per essere introdotti in nuovi ambienti, evitando la routine che si aveva in precedenza. È importante frequentare contesti diversi da quelli vissuti con l’ex.
Anche trovare una nuova immagine di sé può essere un punto di partenza. Un nuovo taglio di capelli, un nuovo look sono piccoli punti di partenza per piacersi e vedersi diversi. I maschi invece una nuova immagine possono rifarsela coltivando meglio l'intelletto e scoprendo nuovi orizzonti di curiosità.
L’obiettivo finale è di pensare che la relazione, anche se finita, ci ha lasciato comunque qualcosa di positivo, di bello, per cui ne è valsa la pena. 
Le ultime due righe sono anche vere ma difficilissime, non sempre sostenibili, comunque da questo nostro punto di vista talvolta poco umane, la sofferenza è un ricordo che rischia di infangare il tutto ed anche questo è umano.