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giovedì 17 dicembre 2015

Automobilisti contro ciclisti: 0-1

L'eterna lotta fra automobilisti e ciclisti sul predominio della strada. L'aggressività al volante si manifesta in molti modi: attraverso sorpassi azzardati, strombazzando il clacson quando si è fermi in coda, lanciando insulti e anatemi per una mancata precedenza. il ciclista viene visto come un pericoloso ostacolo mobile da schivare e quando rivendica il proprio spazio sulla strada che "è di tutti" la miccia è già accesa e il litigio è dietro la prima curva, all'incrocio con una ciclabile oppure ai margini di una carreggiata che dovrebbe essere condivisa tra chi guida e chi pedala e invece si trasforma in un campo di battaglia.

 ll Codice della Strada definisce la bicicletta "velocipede" (art. 50), è molto chiaro e dettagliato sulle caratteristiche costruttive che deve avere (art. 68) ma sulle norme di circolazione contenute nel primo comma dell'art. 182 non lo è altrettanto: "I ciclisti devono procedere su unica fila in tutti i casi in cui le condizioni della circolazione lo richiedano e, comunque, mai affiancati in numero superiore a due; quando circolano fuori dai centri abitati devono procedere su un'unica fila salvo che uno di essi sia minore di anni dieci e proceda sulla destra dell'altro". Quindi in città si può pedalare affiancati a un'altra bici ma non viene specificato quando ciò è consentito, lasciando un ampio margine di discrezionalità e incertezza che può essere causa di litigi con gli automobilisti. Sulle strade extraurbane bisogna invece sempre pedalare in fila indiana, salvo rare eccezioni. A Lecce, un ciclista, che percorreva una strada del centro urbano, giunto ad un incrocio provvedeva a segnalare la direzione di svolta con la mano; nel frattempo sopraggiungeva a velocità sostenuta un'autovettura sulla corsia di sorpasso, viaggiante nella stessa direzione, che collideva con la bici nonostante il tentativo di frenata (accertato da rilievi sull'asfalto di circa 20 metri)
E così viene giudicato responsabile e tenuto al risarcimento del danno l'automobilista che, secondo il Tribunale di Lecce con la sentenza n. 1820/2015,  guida a velocità non consona allo stato dei luoghi provocando lesioni al ciclista che lo precede (nello stesso senso di marcia) e che viene investito dall'auto sulla linea di mezzeria e sbalzato a terra dopo aver segnalato la svolta a sinistra
Il giudice di prime cure precisa, inoltre, che "in tema di lesioni all'integrità psico-fisica derivanti da incidente stradale e quindi di responsabilità aquiliana, il risarcimento del danno non patrimoniale include unitariamente tutte le peculiari modalità di atteggiarsi dello stesso (danno) compreso quello biologico, ed, in caso di quantificazione equitativa, va valutato secondo le tabelle del Tribunale di Milano". Il ricorrente, costretto a 90 giorni di riposo per guarire dalle ferite riportate, subiva un danno biologico accertato da ctu: gli andranno riconosciuti tutti i danni, compresi quelli derivanti dalla distruzione dei suoi occhiali a causa della caduta.


lunedì 18 maggio 2015

Il "rischio commerciale" non è tutelato dal Codice del Consumo

La Corte di Cassazione, terza sezione civile, ha deciso sulla responsabilità di una s.r.l. che aveva fornito una partita di materiale ad altra società produttrice, materiale impiegato nella produzione e rivelatosi poi difettoso, tanto che i clienti avevano restituito la merce.

La s.r.l. convenuta, riconoscendo parzialmente i vizi del materiale, aveva chiamato in garanzia la propria compagnia assicuratrice, difatti condannata in secondo grado per il risarcimento dei danni provocati dalla società fornitrice.

Avverso detta condanna ricorreva l'Assicurazione, eccependo la inoperatività, nel caso di specie, della polizza assicurativa, sull'assunto che essa coprisse esclusivamente i danni da prodotto difettoso ex D.Lgs 206/2005 (c.d. Codice del Consumo) e non anche la responsabilità per inadempimento contrattuale o per vizi della compravendita.

La Cassazione ha rilevato, concordando con la compagnia ricorrente, come non sia ravvisabile nell'ipotesi di specie, alcuna responsabilità da prodotto difettoso di cui al Codice del Consumo, che tutela esclusivamente il consumatore. Posto allora che la società danneggiata è stata colpita non nella qualità di utente, per l'appunto, di consumatore, bensì, nell'esercizio della sua attività economica e commerciale e sugli utili di tale attività si è ripercosso il danno, l'assicurazione ha dovuto rispondere. 

lunedì 3 novembre 2014

Il sinistro fantasma con aumento della polizza


Fenomeno che preoccupa tutti è quello dei sinistri fantasma e, statistiche alla mano, succede sempre più spesso. Può capitare che la vostra assicurazione vi contatti addebitandovi un sinistro con un altro veicolo o, in altri casi, il consumatore noti che l’aumento della polizza assicurativa deriva da un incidente. Ma non solo. A volte, addirittura, il consumatore scopre di avere fatto un sinistro nel momento in cui gli viene inviato l’attestato di rischio. In ogni caso, ciò che fa rimbalzare dalla sedia è che quel sinistro non è mai avvenuto. Come difendersi nel caso di sinistro fantasma? Innanzitutto, entro 30 giorni dalla scoperta del sinistro, va inviata all’assicurazione raccomandata con ricevuta di ritorno in cui si dichiara di essere estranei ai fatti contestati, peraltro, se possibile, meglio allegare eventuali versioni di testimoni provante la non veridicità dell’evento, corredate da valido documento di riconoscimento. L’assicurazione è obbligata a rispondervi, entro 45 giorni dalla data di ricezione della raccomandata, altrimenti siete autorizzati a rivolgervi all’IVASS che può aprire un fascicolo e, nel caso in cui accerti comportamenti irregolari da parte della vostra compagnia assicurativa, può sanzionarla. Altro punto determinante e necessario è formulare una richiesta all’assicurazione di accesso agli atti (art. 146 C.d.A) al fine di avere informazioni, sul sinistro attribuitovi, circa la conclusione dei procedimenti di valutazione, constatazione e liquidazione dei danni. Le imprese di assicurazioni sono tenute a consentire tale accesso sia ai contraenti che ai danneggiati. E’ bene ricordare che se non ci si muove per tempo, scatta il principio del “silenzio-assenso”, per cui l’assicurazione sarebbe autorizzata a procedere al risarcimento.

Leggi tutto l'articolo: http://infogratis-consulenze.blogspot.it/p/domande-e-risposte.html 

venerdì 31 ottobre 2014

Risarcimento per buca nel manto stradale


Nel caso di buche del manto stradale per ottenere il risarcimento l’utente deve dar prova dell’alterazione della cosa, che, per le sue intrinseche caratteristiche, abbia determinato la configurazione nel caso concreto della c.d. insidia o trabocchetto, ovvero l’imprevedibilità e invisibilità di tale “alterazione” per il soggetto che, in conseguenza di detta situazione di pericolo, ha subito un danno. L’insidia, pertanto, deve avere alcuni presupposti oggettivi di gravità, insiti nell’insidia stessa, mentre dal lato soggettivo l’insidia deve essere imprevedibile ovvero non evitabile attraverso una ragionevole condotta diligente da parte dell’utente. L’Ente Pubblico, invece, per andare esente da colpe deve dimostrare il “caso fortuito”, ovvero un accadimento imprevedibile ed inevitabile, di per sé sufficiente a produrre l’evento ed estraneo alla sfera di azione del Comune custode della strada. Questo accadimento può consistere nel fatto della natura, nel fatto del terzo o nel fatto dello stesso danneggiato, purché, in questi casi, le condotte del terzo o del danneggiato abbiano costituito la causa esclusiva del danno. Il Comune deve, dunque, dare conto del fatto che il danno si è verificato per un evento non prevedibile e non superabile con la diligenza normalmente adeguata in relazione alla natura della cosa. E’ così sufficiente, per provare il caso fortuito, dimostrare di aver rispettato tutte le regole cautelari che si imponevano nella gestione della rete stradale. Se, nonostante l’impiego dei mezzi tecnici e l’assunzione di quelle condotte necessarie in relazione alla natura della cosa, il danno si è verificato ugualmente, deve ritenersi provato, quanto meno per presunzione logica, il caso fortuito. Il danneggiato deve, dunque, dimostrare che il danno è dipeso direttamente dall’ostacolo presente sulla carreggiata in quanto esso non era né visibile né prevedibile e, pertanto, inevitabile. Al contrario, l’ente è libero da responsabilità se dimostra la visibilità e prevedibilità del pericolo e, di conseguenza, l’esistenza di un elemento interruttivo del rapporto di causalità, quale la colpa del conducente negligente e disattento.