Gli ambienti costieri del Mediterraneo sono caratterizzati dalla presenza di depositi cumuliformi bianchi spesso ricoperte da tegole.
Il Sale è l’oro bianco del Mediterraneo, estratto dal mare utilizzando l’energia del sole e del vento, il frutto delle saline, coltivazioni tradizionali quasi immutate da millenni. Da tempo immemorabile il bacino Mediterraneo è legato all’industria del sale. Il sale, ha sempre rappresentato la materia fondamentale per l’alimentazione, sia per l’apporto all’organismo che per la conservazione degli alimenti. Nel corso dei secoli, l’industria del sale è arrivata fino a noi,producendo,oltre che il sale, un ambiente non naturale ma splendidamente integrato con la natura, quello delle saline. Le saline non sono altro che un ambiente di origine artificiale,realizzato nel corso dei secoli strappando terra al mare,mediante la creazione di nuove vasche e spostando la linea di costa iniziale di alcuni chilometri. Sebbene siano di origine artificiale.le saline riproducono un ambiente naturale:quello dilaguna,che, per quanto in forme diverse,preesisteva alla creazione delle saline.
Le saline sono ambienti particolari, presentano acque molto calde d’estate e molto fredde d’inverno, La salinità è molto diversa da quella del mare, in questi ambienti possono vivere solo pochi organismi, tra i quali gli alobatteri, alcuni tra i più primitivi organismi viventi.Tutti gli organismi delle saline sono, per lo più specie eurialine ed euriterme . L’ambiente delle saline, al contrario, costituisce una particolare nicchia ecologica in cui si può praticare la piscicoltura ed in cui prosperano organismi amanti degli ambienti sovrassalati, oltre ad uccelli di tutti i tipi;sia per le condizioni climatiche, cioè forte insolazione, piogge, distribuite soprattutto nei periodi autunnali ed invernali e quasi assenti d’estate e venti frequenti ed intensi.E’ chiaro che la salina può funzionare solo in primavera-estate, mentre d’inverno riposa. Grazie alla Spira di Archimede l’acqua del mare ricca di Sali minerali viene incanalata nelle caselle dove comincia il processo di evaporazione Il processo di estrazione del sale non è inquinante: i “motori” che fanno evaporare l’acqua di mare sono il sole ed il vento, non vi sono scorie di produzione inquinanti e l’acqua,da cui ha cristallizzato il sale,viene conservata ed riutilizzata l’anno seguente.
Le spire di Archimede, che conducono l’acqua presa direttamente dal mare nella prima zona evaporante. Per la misurazione dell’acqua si utilizza il densimetro, di vetro zavorrata alla base con del piombo. Questo, graduato nella parte superiore, si immerge nell’ acqua di cui si vuole sapere la densità, e affonda fino a fermarsi in prossimità di un numeretto, che poi è il gradoBé. Le fasi successive consistono nelle continue evaporazioni che si ottengono attraverso il passaggio dell’acqua da una casella all’ altra evaporante per aumentare la densità. In queste fasi assistiamo contemporaneamente alla depurazione della acque del mare da tutti quei sali di cui sono composte, i quali partecipano alle diverse intensità. Infatti l’acqua marina non contiene solo cloruro di sodio, ma anche altri sali, di svariate densità, le cui quantità medie, contenute per mc. a 3,5° Baumè, sono rappresentate nella seguente tabella:
Carbonato di calcio/ossido di ferro kg. 0,112
Cloruro di potassio “ 0,498
Bromuro di sodio “ 0,548
Solfato di calcio “ 1,691
Cloruro di magnesio “ 3,171
Solfato di magnesio “ 3,977
Cloruro di sodio “ 28,997
Cloruro di potassio “ 0,498
Bromuro di sodio “ 0,548
Solfato di calcio “ 1,691
Cloruro di magnesio “ 3,171
Solfato di magnesio “ 3,977
Cloruro di sodio “ 28,997
Nella quarta fase l’acqua passa nelle zone evaporanti immediatamente vicine alla zona salante. Durante queste fasi l’acqua del mare assume due denominazioni:acqua Vergine e acqua Madre, che, avendo liberato il sale, è appunto diventata madre . Il ciclo di produzione del sale avviene in un arco di tempo che va da un minimo di 3 fino a 4-5 anni, a seconda delle esigenze del mercato. Questo tipo di produzione detta “pluriennale” dura ormai da 20 anni e fino a 2 anni fa era accompagnata da quella “annuale” .
1. La “produzione pluriennale”, non è altro che la produzione di sale su sale. Qui lo spessore medio dell’incrostazione salina è di 70-80 cm .
2. La “produzione annuale”, in disuso per le continue trasformazioni della salina, prevedeva una sola produzione l’anno, per uno spessore medio di circa 20 cm di sale. Mentre nella produzione annuale non c’era bisogno di alcuna produzione, in quella pluriennale c’è bisogno del cosiddetto cappotto: 40 cm di acqua madre che preserva l’incrostazione salina dallo scioglimento in caso di pioggia.
1. La “produzione pluriennale”, non è altro che la produzione di sale su sale. Qui lo spessore medio dell’incrostazione salina è di 70-80 cm .
2. La “produzione annuale”, in disuso per le continue trasformazioni della salina, prevedeva una sola produzione l’anno, per uno spessore medio di circa 20 cm di sale. Mentre nella produzione annuale non c’era bisogno di alcuna produzione, in quella pluriennale c’è bisogno del cosiddetto cappotto: 40 cm di acqua madre che preserva l’incrostazione salina dallo scioglimento in caso di pioggia.
Nel corso del tempo, i sistemi di raccolta del sale si sono più volte modificati, fino ad arrivare all’ultimo sistema di raccolta, che consiste nella tecnica detta a travoni o pluriennale, che avviene in qualsiasi periodo dell’anno. Si evita però di praticarla nel periodo di maggiore piovosità, visto che la pioggia è il nemico numero uno della salina. Per questa raccolta si utilizzano degli escavatori, camion e una pala dinamica. L’incrostazione salina del bacino da raccogliere viene scomposta dagli escavatori, in modo che si formi un pettine e con questo sistema si può anche espellere l’acqua presente. I camions trasportano il sale ai convogliatori che lo inviano direttamente al carroponte: in questo tipo di raccolta, infatti, non si passa per l’impianto di lavaggio perché il sale viana estratto più pulito. Oltre a questa tecnica, si può fare ricorso ad altre che prevedono:
RACCOLTA A MANO, effettuata dal 15 Luglio fino a tutto Novembre dell’anno in corso.Questo sistema di raccolta praticato sino agli inizi del 900 prevedeva l’impiego di tante persone quante ne servivano per coprire l’intera larghezza del bacino. In gergo questi operai erano detti la squadra delle zappette. La crosta salina viene frantumata con una specie di zappetta. Inoltre altri operai, i palisti , posti dietro a questi, per mezzo di pale di ferro provvedevano a formare dei piccoli cumuli di sale all’interno dei bacini, poi un’altra squadra di palisti prelevava il sale dai massini e lo metteva nei sacchi di juta.Ogni sacco era tenuto in piedi da due operai, due palisti provvedevano a riempirlo ed il pesatore, per mezzo di una speciale bilancia ad imbuto, pesava il sale.Vennero in seguito introdotte le ceste di vimini ( coffe ). L’uso delle ceste è importante perché venne a coincidere con l’aumento della produzione e la formazione delle cosiddette aie di deposito all’esterno dei bacini.Per mezzo di esse, il sale veniva trasportato dai massini alle aie per formare grosse montagne dette prisma, su cui ci si arrampicava attraverso dei gradini molto pericolosi scavati nella stessa montagna.
RACCOLTA MECCANICA, effettuata dalla terza decade di Agosto fino a tutto Novembre dell’anno in corso, ad opera della macchina-raccoglitrice che sostituiva totalmente il lavoro manuale. Fu una vera rivoluzione nell’ambito del sistema lavorativo del sale, sia per la raccolta che per il trasporto “a deposito”. Infatti il sale veniva portato direttamente sulle aie di deposito. Per mezzo di carrellini, il sale passava in una complicata rete di nastri trasportatori che lo inviavano prima nell’impianto di lavaggio e poi verso i carroponti che ne permettevano l’ammassamento. Queste macchine potevano procedere sull’incrostazione salina grazie a due lunghi rulli di metallo. In questi tipi di raccolta anche la cilindratura del bacino avveniva a mano: un operaio trainava col metodo proprio dei pastori un cilindro di cemento armato per livellare il fondo del bacino prima della messa a sale. Generalmente scalzo; quest’uomo solo più tardi vide l’uso di particolari scarpe – zampette – fatte a mano e in casa dalle donne; successivamente fu introdotta la cilindratrice a motore. Il salinaro di un tempo, senza strumentazione alcuna, doveva gestire i processi evaporativi, impiegando in modo ottimale acque dolci e salate. Più che per le coltivazioni agricole, egli doveva “governare” l’acqua, il sole e il vento e le proprie energie. A differenza delle saline o degli stagni salati della costa atlantica, dove per riempire di acqua di mare le vasche veniva sfruttata l’energie delle maree, nel Mediterraneo l’innalzamento dei grossi volumi d’acqua (anche diverse migliaia di metri cubi al giorno ) avveniva mediante l’energia del vento o con i muli. Solo creando il giusto carico idraulico l’acqua è in grado di circolare all’interno della salina, un’enorme scacchiera le cui caselle di differente colorazione sono vasche collegate da chiuse e canali, ciascuna con la propria funzione nella progressiva depurazione della soluzione salina durante i processi evaporativi.