giovedì 19 marzo 2015

Info lavoro: Articolo 18 (riveduto o svenduto)

L'articolo 18 è parte integrante dello Statuto dei lavoratori, ossia la legge numero 300 del 20 maggio 1970. Nella sua forma originale, prevedeva il reintegro automatico in azienda del lavoratore licenziato senza giusta causa. Il quale aveva anche la garanzia di un risarcimento del danno, commisurato all'ultima retribuzione e calcolato su tutte le mensilità dalla data di licenziamento a quella di effettivo reintegro.
VALIDO SOPRA I 15 DIPENDENTI. Questa disciplina si applicava (ancora oggi è così) a tutti i casi in cui il datore di lavoro avesse più di 15 dipendenti nell'unità produttiva (oppure 60 dipendenti sull'intero territorio nazionale) e se il licenziamento veniva dichiarato da un giudice illegittimo, ingiustificato o discriminatorio.
In quest'ultimo caso, il lavoratore aveva diritto alla tutele previste dall'articolo 18 anche a prescindere dalle dimensioni dell'azienda.

La RIFORMA di Elsa Fornero ha modificato l'articolo 18 nel 2012, prevedendo diversi criteri di applicazione del diritto al reintegro a seconda del tipo di licenziamento, e stabilendo quattro regimi di tutela differenti: piena, attenuata, obbligatoria e obbligatoria ridotta.
TUTELA PIENA: si applica in tutti i casi di nullità del licenziamento perché giudicato discriminatorio, comminato in violazione delle tutele previste in materia di maternità o paternità, oppure negli altri casi previsti dalla legge, e nei casi in cui il licenziamento sia inefficace perché avvenuto in forma orale. Vale indipendentemente dalla dimensione dell'azienda e copre anche i dirigenti. Il giudice, dichiarando nullo il licenziamento, ordina al datore di lavoro la reintegrazione del lavoratore e lo condanna al risarcimento del danno con un’indennità commisurata all’ultima retribuzione
TUTELA ATTENUATA: si applica in caso licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, illegittimo per insussistenza del fatto contestato, e in caso di allontanamento per giustificato motivo oggettivo se il fatto è manifestamente infondato. Il giudice, annullando il licenziamento, ordina il reintegro del lavoratore e condanna il datore di lavoro al pagamento del risarcimento del danno, che non può, però, superare un importo pari a 12 mensilità.
TUTELA OBBLIGATORIA: si applica in tutte le ipotesi non contemplate dalle altre tutele, se il giudice accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro. In questo caso, dichiarato risolto il rapporto lavorativo con effetto dalla data del licenziamento, il datore di lavoro è condannato al pagamento di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva, determinata tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità.
TUTELA OBBLIGATORIA RIDOTTA: si applica quando il licenziamento risulti illegittimo per carenza di motivazione, o per inosservanza degli obblighi procedurali previsti per il licenziamento disciplinare o per giustificato motivo oggettivo. In questi casi il giudice, dichiarando il licenziamento inefficace, condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità variabile tra sei e 12 mensilità, da valutarsi caso per caso in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro.

Il JOBS ACT ha cambiato ancora: saranno reintegrati i lavoratori licenziati per motivi discriminatori, ma sarà possibile il reintegro anche per i licenziamenti disciplinari. Possibilità limitata solo ad alcune fattispecie e cercando di tipizzare il più possibile il funzionamento di questi reintegri, per ridurre al minimo la discrezionalità dei giudici. Per i licenziamenti economici che saranno considerati illegittimi resta invece solo l'indennizzo. Prossimamente, ulteriori approfondimenti.

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