Anche in assenza della convalida di
sfratto, i canoni per “affitti” commerciali non devono essere
dichiarati: è sufficiente una decisione giurisdizionale che accerti la
morosità del conduttore. E' stato stabilito con questa sentenza, che è necessario “estendere analogicamente”, anche per i contratti ad uso non abitativo, “l’esclusione dalla tassazione, in presenza di un provvedimento giurisdizionale che accerti la morosità del conduttore”.
Il processo e la decisione
La questione fiscale nasceva dall’impugnazione dell’avviso di
accertamento, a fronte del quale l’A.F. accertava la mancata
dichiarazione – da parte del contribuente – del reddito “costituito dai canoni di locazione di un immobile commerciale”.
Nella propria tesi, il ricorrente difendeva la scelta di non aver
indicato nella dichiarazione tale reddito, giacché era intervenuto il
fallimento del conduttore.
Di contro, l’Ufficio evidenziava che l’art. 26 Tuir, stabilisce che i
redditi fondiari concorrono a formare il reddito complessivo
indipendentemente dalla percezione e, in particolare, solo i canoni dei
fondi ad uso abitativo non sono tassati dal momento della conclusione
del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto (in questo caso
del tutto assente).
In breve, la Commissione adita ha illustrato il seguente principio: “la
norma che esclude la tassazione dei canoni di locazione degli immobili
ad uso abitativo non percepiti non ha natura eccezionale”, dunque siffatto meccanismo deve operare anche per le altre tipologie di locazioni.
In buona sostanza, “solo tale interpretazione analogica pone al
riparo la norma da censure di costituzionalità per violazione degli
artt. 3 (principio di uguaglianza) e 53 Cost. (principio della capacità
contributiva)”.
Non solo: secondo i citati giudici, “l’ammissione al passivo del fallimento del conduttore deve ritenersi equipollente alla convalida di sfratto come provvedimento giurisdizionale che attesta l’inadempimento” del conduttore.
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